Sento già qualcuno che chiede: cosa vuol dire RCM? L’acronimo sta per “Raida Come Mangi”, il nome di una rubrica nata per spiegare le tecniche di guida sul sito/forum www.mtb-mag.com. L’autore è Jack Bisi, freerider di alto livello dal 2006, maestro federale, che da qualche anno si è dato all'insegnamento e propone una serie di corsi che vertono tutti sull’aspetto discesistico (lui li chiama in centomila modi diversi, ma alla fine possiamo dividerli per il grado di difficoltà e per l’ambiente in cui si tengono).
I suoi articoli sono sempre molto interessanti e didatticamente utilissimi, non solo sulle tecniche di guida ma anche sui componenti della bici e la loro manutenzione e taratura; quello che mi era piaciuto subito dalle prime letture era l’impronta oserei dire “da meccanica razionale” che Jack dà alla posizione in sella e il fatto che il mezzo è un elemento “accessorio” (mentre altri suoi competitor se non hai una DH da 200mm ti dicono che è inutile fare il corso). Appena uscito il calendario 2014 ho subito scelto una data a inizio stagione, per mettere a frutto gli insegnamenti già quest’estate, e di livello appropriato: il corso Gravity Base a Torino del 12-13 aprile cascava a fagiolo.
Aiutato da Jack a trovare un alloggio sul sito di Venere nelle vicinanze della collina dove avremmo “girato”, sono quindi arrivato già il venerdì pomeriggio, dove sono stato invitato a visionare a piedi i trail in occasione di una “pulita e sfrondata” a suon di machete e seghetto. Già quel pomeriggio, grande è stata la sorpresa di vedere dei trail così curati e divertenti, praticamente nella cintura cittadina. A Torino esistono infatti due colline (la tristemente famosa Superga, 672 m s.l.m, e quella della Maddalena 715 m) fitte di vegetazione in cui anni addietro sono stati creati dei parchi pieni di sentieri per escursionisti a piedi e –fortunatamente- ciclisti che grazie a rispetto, educazione e tolleranza di solito riescono a convivere. Su alcuni di questi trail inoltre, la comunità di freerider locali ha costruito sponde, drop (sia naturali che di legno) creando insomma un piccolo bike-park fruibile da tutti partendo in bici da casa dal centro città! Manca, è vero, l’aspetto delle risalite meccanizzate ma o ci si affida alla cara e vecchia “gamba” oppure ci si organizza con furgoni in cui uno a turno fa da autista o –come ho visto- a volenterosi papà che fanno su e giù con la macchina per riportare il figlio in quota. Noi abbiamo girato solo alla Maddalena (Parco della Rimembranza) all’inizio sui “facili” 16, Inferno e Parco, per passare poi ai più impegnativi Chiesetta, 5 e finendo in bellezza col lungo 10 molto vario e super-flow che arriva giù a Moncalieri.
Il sabato mattina, sotto un cielo grigio e un clima frescolino, incontriamo gli altri 4 corsisti (per nostra fortuna ci sono state alcune rinunce e quindi siamo in pochi) e il resto della “crew” –tutti rider con le palle!- formata da Fabiello e “Roby Brown King of Disagiati” alla guida dei due furgoni e dal fido fotografo Yari Ghidone che ci seguirà (o meglio anticiperà) per fotografarci al nostro passaggio. La prospettiva fotografica, integrata da riprese video con la GoPro, è uno degli aspetti fondamentali e “unici” dei corsi RCM. Dopo molte edizioni, Jack e Yari hanno sviluppato un’ottima sinergia e basta un cenno o una parola per vedere scattare il fido Yari a posizionarsi nel punto giusto, estrarre la reflex dalla raffica veloce (unita a obiettivi di qualità) e scattare una nutrita serie di foto che fanno vedere frame-by-frame l’evoluzione di un passaggio o solo la postura da correggere. In pausa pranzo si procede alla visione, si commentano errori e difetti e al pomeriggio si cerca di correggerli avendo in mente quanto appena visto (“culo basso, braccia troppo tese, gomiti stretti, sguardo vicino, schiena dritta, ecc. ecc.)
Come dicevo all’inizio la posizione del corpo (o meglio di n parti del corpo) in relazione alla bici e al gesto da eseguire (curva, frenata, rilancio, salto) è maniacale e Jack è un mago a darti un’occhiata e trovarti subito cosa c’è che non va, arrivando ad essere meticoloso su particolari che sembrano ininfluenti ma invece si rivelano importantissimi (la falange che avvolge la leva del freno, la posizione della caviglia quando si “olla”, ecc.). Quello che subito viene enfatizzato e ripetuto svariate volte è che in discesa si guida SOLO in piedi, la sella possiamo anche venderla, le braccia e le gambe sono loro i veri ammortizzatori (“quanto hai di escursione sulla tua SuperFullDHDoppiaPiastraAmmoAMolla ? 200mm? il tuo braccio è 3 volte tanto e le gambe almeno 5 o 6!”), si guida aggressivi, con schiena quasi parallela al terreno, braccia piegate e gomiti larghi a dare pressione all’anteriore. Faticoso? Ca**i tuoi! Torna a fare XC o Marathon se non ti sta bene!
Mito da sfatare: in discesa e soprattutto sul ripido si deve arretrare un casino e stare molto indietro per evitare i cappottoni! BALLE! Scordatevi quello che vi hanno detto da 20 anni amici e autodidatti; stare sul culo sul copertone posteriore e braccia inevitabilmente tese, significa non avere nessun controllo sull’anteriore che nel migliore dei casi fluttuerà da sasso a sasso (come abbiamo visto in alcuni ciclisti “normali” di passaggio), mentre altre volte porterà a conseguenze più gravi. “Alza il culo”, “Piega le braccia”, “non stare indietro” sono stati i tormentoni del w/e ma alla fine ti entrerà in mente, e già nelle discese della domenica la differenza di conduzione e velocità si sentiva notevolmente.
Chiarite le posizioni di base di conduzione, frenata e curva, al pomeriggio del sabato siamo stati “upgradati” a livello intermedio e abbiamo girato molto sotto un caldo sole sul trail Chiesetta arrivando alla sera a implorare lo stop per sfinimento. La domenica (con meteo identico al giorno precedente) è stata se possibile ancora più interessante e divertente in quanto –dando sulla fiducia che avevamo capito le basi- abbiamo affrontato argomenti diversi come le pietraie, i ripidi e i gradoni, i ripidi sul fango -i trail erano tutti perfettamente asciutti ma la fine del 5 è perennemente fangosa causa una sorgente incanalata male- per finire con il vituperato e tristemente famoso Bunny Hop (per chi aveva già frequentato il corso o ha letto i report di quelli precedenti trattasi di manovra anti-gravità, che sfida le leggi della fisica, che visto fare da Jack sembra una banalità, poi quando provi te, alzi la bici di qualche millimetro e ti senti un deficiente). Dopo pranzo altre 5 discese scelte da ognuno dei corsisti e dove a turno Jack ti segue e ti corregge (o ti raccoglie dal cespuglio di rovi dove sei planato causa tornante su ripido preso male!) Discesa finale in città sul già citato bellissimo “10” (con qualche micro-pezzetto da pedalare che ha messo in crisi i già stanchi possessori di pesanti full Dh –io ero l’unico con una enduro-) tra vegetazione “amazzonica”, guadi e cascatelle, passaggi tecnici molto carini!
Splendido uso del flash remoto
Pietraia Assassina
Sul fango spalle basse per non far scappare l’anteriore
Pranzo e post pranzo con visione foto
Il Bunny Hop dimostrato in teoria e in azione pratica (fortuna che era infortunato col sacro distrutto!!)
Per chi è arrivato fino a qui (grazie per la pazienza!), non penso serva dire che il corso mi è piaciuto tantissimo e ritengo di aver imparato concetti che mi serviranno non per andare più veloce, ma per andare “più sicuro”. Spero di avere un’altra occasione per rivedere questa banda di pazzi, o in altri eventi formativi, o solo per un ride&beer da DISAGIATIIII…(minchia!).